domenica 30 giugno 2013

Parentesi

[In questi giorni, in queste ore
quante parole ho
scritto, e lacrime pianto,
nella mente, sulla carta e poi
nell'aria fredda
perché qualcosa le portasse
via.]


A.

giovedì 20 giugno 2013

La Grande Bellezza

Ieri sera sono tornato in una multisala, dopo credo un paio d'anni che non ci mettevo più piede. Ed è strano, in un certo senso, pensare di andare a infilarsi in una sala da cinema a fine Giugno, quando fuori ci sono 30 gradi e un'afa esagerata, e non farlo nemmeno in inverno, quando le sale sono calde e ci si starebbe anche bene.
Però si sa come accade, senza che nemmeno ci si ricordi di qualcosa, qualcuno te la estrae e te la propone, e quindi scatta il "E perché no?!", vuoi perché non è tua abitudine ma non lo disdegni, vuoi per rinfrescare la memoria... e quindi mi sono ritrovato lì, in attesa di una pellicola della quale sapevo solo il titolo e qualche attore o attrice noto/a incluso/a: La Grande Bellezza.
Non ho assolutamente idea di stare a fare un riassunto del film che ho visto. Però posso cercare di spiegare cosa mi ha trasmesso, cosa mi ha lasciato.
Anzitutto, se si pensa di andare a vedere un film ed uscirne con una morale in tasca, nuova o vecchia che sia, si può stare a casa. La morale non c'è, o magari non ce n'è una sola ma tante, piccole e disseminate un po' ovunque nelle due ore e passa di durata. L'atteggiamento forse più idoneo è quello di andarci con una predisposizione "di accoglimento e raccoglimento", ovvero di lasciarsi prendere, investire, coinvolgere dalle immagini e dalle parole - nonché dalla colonna sonora, che, insieme alla fotografia, rendono questo film a tratti veramente toccante - e raccoglierne ciò che ci può servire, tornare utile o servirci da lezione. Ciò che può essere utile per riportare alla mente cose alle quali normalmente non pensiamo, per ricevere uno schiaffo sul lato anche vergognoso di una parte "borghese" della società odierna nella quale, nonostante di acqua sotto i ponti ne sia passata, persistono ancora figure demodées e quasi caricaturizzate dalla loro non attinenza coi luoghi ed i tempi, i pensieri, le priorità e gli "stili" di vita dominanti e attuali.
Ci si può sedere e non capire nulla, o crederlo perché si viene costantemente sedotti da immagini dal forte impatto, senza velo alcuno anche nella più profonda crudezza e verosomiglianza (che è ben più che somiglianza, di fatto) con la realtà che ogni giorno ci fluttua attorno.


Ma una delle cose che, in particolare, mi ha fatto pensare questo film, è che, se i giorni si susseguono tutti uguali, con le stesse emozioni belle o brutte, le solite abitudini, impegni o altro che sia... si può rimanere sempre giovani, o essere già vecchi dapprima. Si può scegliere fra le due in un certo senso, certo, escludendo i segni dell'età (con una sparatina di botox qui e là, un chirurgo plastico o la più semplice, frivola illusione che non ci siano). Ma non si ha nulla da ricordare: non un susseguirsi di fasi o di fatti, di eventi, situazioni, sensazioni o fragranze che consentano di avere una pseudo-cronologia della propria vita. Avere una grande abbienza e sfruttarla ogni giorno per le medesime cose, ricercando le medesime distrazioni da un vuoto che dentro - o dietro di noi, nel nostro passato - ci portiamo comunque, non è vivere. E' passare (o passire). 
Solo che quando poi ci si guarda allo specchio, oppure si posano gli occhi sulle prorie mani e si vede che non sono certo piccole come quelle di un bambino, ma rugose e venose come quelle di un corpo quasi mummificato... forse non si può più dire di non aver ancora vissuto, ma di avergià perso la vita, senza sapere come o perché.

Forse questo film associa la bellezza estetica (sia in senso nobile che non, del termine), architettonica, paesaggistica, artistica, con l'orrido perverso e quasi parossizzato, con il marcio e l'artefatto, al preciso scopo di non restituire - come dicevo prima - una chiave di lettura preconfezionata, una conclusione già tirata o un senso solo, ma per aprire nuovo spazio a domande e riflessioni, emozioni; espandere il senso dell'urgenza e del rapido mutare, morire, invecchiare (che per taluni è anche peggio che morire), orientare sguardi su molte cose che solo una bellezza autentica non dimentica mai di sottolineare, fra un tratto e l'altro.

Solo un breve accenno alla bellezza disseminata qui e là in questo film, la stessa bellezza che del mare ci ricordano quei granelli di sabbia che rimangono infilati tra le fessure dei sandali, o in fondo alla nostra borsa da spiaggia:


Andrew