giovedì 12 settembre 2013

La fuga a voce sola

Il controsoggetto che ho scritto al posto tuo non lo vedrai, non lo leggerai, non lo intonerai né lo sentirai.
La nostra Fuga mi pareva inconcepibile senza la tua voce. Poi ho capito che la tua io posso immaginarla, e quindi l'ho scritta dentro di me, nella mia mente e davanti ai miei occhi, nell'aria, visto che tu non sembri preoccupartene.
Esistono fughe a una voce sola. O, almeno, questo è ciò che tutti probabilmente crederanno. Io ascolterò risposte, riesposizioni, divertimenti, stretti e pedali. 
Il pentagramma è vuoto per chi tale lo vuole vedere.

A.

mercoledì 4 settembre 2013

La Curva

Credevo di fare qualcosa di buono, venendo davanti ai tuoi occhi di celestina a dirti che non era così.
Mentre il cd volteggiava orizzontale, mentre i fumi fragranti della musica disegnavano attorno a noi ghirigori astratti e linee di calore, il mio fiato fu di troppo. Ma non lo sapevo. Io non lo sapevo.
Guardavo i tuoi occhi rivolti in avanti, come sempre. [E' raro che tu possa parlarmi guardandomi nei miei, e non ho tuttora capito se ciò dipende da una soggezione ispirata da me, o da un tuo raccoglimento personale, riverenziale, da una tua tenera vergogna.] Li guardavo ed ho sentito sussultare, poi ho abbassato gli occhi, sulle tue mani di cotone e di pèsca.
Non lo sapevi. Tu non lo sapevi. Non potevi sapere quanto il mio istinto ti stesse carezzando, disegnando nello spazio, sfiorando come un petalo di stella alpina.
Parlai, a poca voce, parlai solo per te, ma sin da subito compresi che non sarebbe stato quello, che avrebbe resa utile la rottura di quel silenzio. 
[Quel silenzio non era imbarazzante o pesante, era solamente, semplicemente bellissimo. Più bello di quello in cui si resta a guardare qualcuno che dorme, più magico di quello che si infiltra alla fine di una esecuzione al pianoforte, quando il piede si alza ed il pedale si rialza, e consente al suono di andarsene altrove ma non più lì dove lo tiene.]
Delicatamente come cristallo bagnato, l'inutilità del mio errore risuonò breve, e si richiuse come un fiore notturno colpito dall'alba. Uno sbadiglio, le dita sugli occhi, una carezza sui tuoi capelli di spiga morbida, e tre baci inanellati da vicino, i nasi a capolino. Il tuo respiro parco sul mio volto e i tuoi occhi addolciti ancora di più dal chiarore giallo dei lampioni.
Stavo per lasciarti andare a casa a dormire quando, come due accordi all'arpa, le tue braccia mi giunsero attorno e tu mi abbracciasti senza dire nulla. Rimasi così, sorpreso. Rimasi così, adagiato come in una culla, sulla curva fra il tuo collo e la tua spalla, disteso dal tuo profumo fresco, finché non fosti tu ad allentare la tua dolce morsa.

Non lo sapevi. Tu non lo sapevi. Non potevi sapere, e non avresti saputo. Questa volta non avrei interrotto il silenzio. Questa volta ti avrei soltanto sorriso senza guardarti, perché stavo tanto bene in quella curva, che altro non avrebbe potuto descriverlo meglio.

A.